” Il totale messo insieme dai portali online supera i 36 milioni di euro, triplicando il risultato del 2017. Alla base dell’exploit maggiore conoscenza, startup migliori e il sogno di buoni rendimenti

L’equity crowdfunding mette il turbo. Nel 2018 le startup italiane hanno raccolto 36 milioni di euro sulle piattaforme online che permettono agli investitori di rilevare piccole partecipazioni azionarie delle giovani società. Sono stati triplicati gli 11,6 milioni messi insieme nel 2017, con un netto balzo del 210% in un solo anno. Per il 2019 le prospettive sono rosee: nei primi venti giorni di gennaio sono stati già raccolti quasi 2 milioni di euro dai portali di equity crodwfunding, più di quanto sia stato messo insieme nell’intero 2014 e in tutto il 2015.

La legge di bilancio approvata dal governo gialloverde ha reso lo strumento più attraente, alzando al 40% le deduzioni fiscali per chi investe in startup. Da gennaio, poi, l’equity crowdfunding è aperto anche alle piccole e medie imprese tradizionali, fino ad ora escluse dalla raccolta di capitali di rischio sul web. “Mi aspetto che il mercato continui a crescere con gli stessi ritmi, migliorandosi del 100-150% almeno”, spiega a Wired Dario Giudici, amministratore delegato di Mamacrowd, uno dei trenta portali che la Consob autorizza a operare in Italia nella raccolta di capitali sul web.

Due i fattori chiave che stanno contribuendo all’exploit dell’equity crowdfunding. Secondo Giudici, il mercato ha imparato a conoscere meglio questo strumento perché se ne parla sempre di più e le startup che vengono presentate sulle piattaforme “sono in generale buone aziende. Negli anni sono stati affinati i sistemi di selezione e ora si offrono opportunità di investimento più solide””.

C’è poi un elemento esterno che rende le scommesse sulle startup decisamente affascinati per gli investitori ambiziosi e inclini al rischio. In tempi di rendimenti finanziari risicati, con i tassi di interesse a zero e con gli indici di borsa sotto pressione, il crowdfunding viaggia in controtendenza. Negli ultimi tre anni di campagne, l’Italian equity crowdfunding index monitorato mensilmente dal Politecnico di Milano segna un ritorno teorico positivo del 13,96%. Per dirla in altri termini, chi nel 2016 ha investito 100 euro su un portale di raccolta di capitali a fine dicembre se ne è ritrovati tra le mani quasi 14 euro in più in partecipazioni azionarie.

E per il mondo del venture capital, dove il fallimento arriva inesorabilmente prima del successo, è un bel risultato. “L’equity crowdfunding – sottolinea Giudici – permette di fare piccoli investimenti e con un ammontare non significativo si può mettere insieme un bel portafoglio: si riduce il ritorno assoluto sul totale complessivo, ma si contiene il rischio aumentando di molto la probabilità di avere un giorno successo”. Quando una sola startup sfonda, viene venduta o si quota in Borsa, “non si parla di percentuali di crescita ma di multipli”.

Tra le piattaforme italiane, Mamacrowd è quella che riesce ad attirare più capitali: in poco più di due anni di attività, calcola il Politecnico di Milano, ha messo insieme 14,8 milioni di euro. Primo portale italiano seguito da Crowdfundme (11,19 milioni) e Walliance (7,5). Anche nel solo 2018 Mamacrowd ha fatto razzia conquistando 10 milioni di euro sui 36 complessivi del mercato. “Abbiamo raddoppiato la raccolta rispetto al 2017 e abbiamo triplicato gli utenti iscritti. Adesso sono 35mila e sono sempre di più le persone pronte a fare il primo investimento: contiamo di chiudere gennaio con 7mila nuovi iscritti”, assicura Giudici. Soldi freschi per le startup con una campagna attiva: il 30% di chi investe su Mamacrowd, spiega il fondatore, fa più di un investimento e tra loro c’è chi ne fa più di tre (il 10% del totale) o più di dieci (3%).

Rapportato ad altri scenari europei, l’equity crowdfunding italiano è decisamente più piccolo e sconta una partenza in ritardo. Se i primi portali attivi sono comparsi nel 2009, in Italia le piattaforme così come le conosciamo sono state ammesse solo dal giugno 2013. Da allora, calcola il Politecnico, sono stati raccolti complessivamente 55 milioni di euro e mediamente ogni startup ha incassato 213mila euro, cedendo ai sottoscrittori, più o meno, l’11% del capitale sociale per volta.

La corsa sostenuta del 2018 lascia ben sperare e il ritmo di gennaio è un buon segnale. Proprio in queste settimane 200Crowd, uno dei primi portali di equity crowdfunding attivi in Italia, ha annunciato la decisione di specializzarsi nel fintech, proprio sulla scia delle campagne che tra il 2018 e il 2019 hanno permesso l’overfunding per le startup di settore sulla piattaforma: Soisy ha raccolto 1,2 milioni di euro (+750mila euro rispetto la richiesta) e Splitty Pay a inizio gennaio ne ha messi insieme 150mila con una sovra-offerta di quasi il 90%.

“Se si va a vedere l’evoluzione del mercato, il tasso di crescita dell’Italia è sovrapponibile a quello del del Regno Unito dove l’equity crowdfunding vale circa il 40% di tutto il venture capital”, argomenta Giudici. In Italia le proporzioni sono ovviamente diverse. In società appena nate – early stage – i venture capital hanno investito 96 milioni di euro nel solo primo semestre del 2018, contro i 14 milioni raccolti dalle piattaforme di equity crowdfunding nello stesso periodo di tempo. Calcoli alla mano, un impatto inferiore al 15% sul monte investimenti complessivo. ”

Tratto da WIRED.IT – economia e finanza di Michele Chicco del 28 gennaio 2019